Arte e cultura nella teoria marxista

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 2/1/2012, 14:43

Advanced Member

Group:
Administrator
Posts:
1,394

Status:


Arte e cultura nella teoria marxista


s7-1


In questo campo potrebbe rivelarsi, almeno inizialmente, difficile ritrovare la bussola del marxismo, poichè innumerevoli teorici - primo tra tutti, naturalmente, Trotski - hanno apportato una confusione incredibile, rendendo difficile un'esatta definizione del pensiero e, soprattutto, della prassi marxista nei riguardi della cultura e dell'arte; inoltre, come avrò modo di argomentare in seguito, la «questione culturale» è un tema particolarmente sentito nel momento attuale e la classe dominante è seriamente impegnata, per ovvi fini, a favore degli stravolgimenti teorici ai quali ho appena accennato. Permettetemi di fare un esempio di queste deformazioni teoriche. Nell'articolo di A. Breton e L. Trotsky Per un’arte rivoluzionaria indipendente è detto:

“E’ più che mai opportuno valersi di questa dichiarazione contro coloro che pretendono di assoggettare l’attività intellettuale a fini estranei all’attività stessa e, in spregio a tutte le determinazioni storiche che le sono proprie, a controllare, in funzione di pretese ragioni di stato, i temi dell’arte. (…) a coloro che si spingessero, oggi o domani, ad acconsentire che l’arte sia sottoposta ad una disciplina che consideriamo radicalmente incompatibile con i suoi mezzi, opponiamo un rifiuto senza appello e la nostra volontà deliberata di far valere la formula: nessuna licenza in arte”.

Quindi, se l'attività sociale e la lotta di classe sono «fini estranei all'attività stessa» (artistica e intellettuale), se la teoria dell'«arte per l'arte» è una teoria marxista, se Lenin sosteneva il futurismo, se il realismo socialista altro non era che una «bruttura staliniana» e Zdanov era un moderno Torquemada, che cosa resta nell'arsenale del marxismo per la «questione culturale»? E' chiaro che non si tratta di un'arsenale per la lotta contro l'ideologia borghese.

Secondo il marxismo, l'arte e la cultura sono parte della sovrastruttura e, quindi, riflettono la vita sociale della base economica. Secondo le parole di G.V. Plekhanov:

“Ogni opera letteraria è espressione del proprio tempo. Il suo contenuto e la sua forma sono determinati dai gusti, dalle abitudini e dalle aspirazioni di quel tempo, e quanto è più grande lo scrittore, tanto più forte e più evidente appare la dipendenza del carattere delle sue opere dal carattere del suo tempo, e cioè, per dirla in altre parole, tanto minore appare nelle sue opere quel «residuo» che si potrebbe chiamare «personale».” (Note sulla storia della letteratura francese del Lanson)

In queste brevi frasi è sintetizzata la concezione marxista del rapporto tra attività artistica e vita sociale. Ovviamente, come ci ricorda Marx, sarebbe errato stabilire una corrispondenza meccanica tra di esse: “Per l'arte, è noto che determinati suoi periodi di fioritura non stanno assolutamente in rapporto con lo sviluppo generale della società, nè quindi con la base materiale, con l'ossatura per così dire della sua organizzazione.” (L'ideologia tedesca)

Marx rifugge dal meccanicismo, ma afferma altresì l'importantissimo ruolo della vita sociale nello sviluppo dell'arte: “La concezione della natura e dei rapporti sociali, che stanno al fondo della fantasia e, quindi, della mitologia greche son forse compatibili con le filatrici automatiche, con le ferrovie, le locomotive e i telegrafi elettrici? Dove può andare a cacciarsi Vulcano di fronte a Roberts and Co., e Giove di fronte ai parafulmini ed Ermes di fronte al Crédit mobilier? [...] è forse possibile Achille quando esistono polvere da sparo e piombo? O in generale l’Iliade con il torchio e la macchina da stampa? Con il torchietto da stampa non finiscono necessariamente il canto, la leggenda e la Musa? Non scompaiono, insomma, le condizioni necessarie della poesia epica?” (Introduzione ai «Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica»)

Se non vi è una dipendenza meccanica dell'arte dalla vita sociale, esiste indiscutibilmente una determinazione in ultima istanza. Il dogma borghese della «libertà artistica» è così confutato; ma non finisce qui: nelle teorie artistiche borghesi si esalta la «libertà artistica» consentita dal capitalismo, ma che cos'è realmente l'opera d'arte nel capitalismo? Chi è l'artista nel capitalismo? L'opera d'arte è una merce come tutte le altre; così come l'operaio salariato vende la propria forza-lavoro, l'artista vende le proprie opere o la propria «capacità artistica».

“Prendiamo il problema della vendita delle opere d'arte. Il fatto che l'artista sia costretto a considerare la sua attività creativa da questo punto di vista non è una norma data una volta per sempre, ma una disgrazia, una vergogna che trae origine dall’ordinamento sociale diviso in classi. L'artista dovrebbe impegnarsi con tutta l'anima a svincolare la sua opera dalla umiliante schiavitù della bistecca quotidiana.” (A. Lunaciarskij, L'arte)

Nel capitalismo l'artista non produce per se stesso o per la società, ma per il mercato. Egli non può nemmeno essere fruitore di quel margine di «autonomia» concesso dalla determinazione in ultima istanza, in quanto è costretto a produrre secondo le preferenze del pubblico e non secondo la propria aspirazione. Il capitalismo è una pastoia per l'attività artistica: esso non solo non la libera, ma la trasforma in un mestiere e rende l'artista schiavo del mercato. Pertanto, la teoria della «libertà artistica» è non solo una concezione idealistica e antiscientifica, ma una vera e propria ideologia reazionaria, una falsa coscienza il cui fine è la perpetuazione dello status quo. Essa abbellisce il capitalismo in modo funzionale alla classe dominante, in modo da ingannare il popolo. Tale è il vero carattere della «libertà artistica» di cui gli ideologi borghesi si riempono la bocca quando attaccano il realismo socialista. A questi apologeti del capitalismo si può rispondere con le parole di Lenin:

«Vivere nella società ed essere liberi dalla società non è possibile. La libertà dello scrittore, dell'artista, dell'attrice borghese è soltanto una dipendenza mascherata (o ipocritamente mascherata) dai portafogli ben forniti, da coloro che li corrompono e li mantengono». (Organizzazione di partito e letteratura di partito)

Ma questo è solo uno degli aspetti della «questione culturale». Se è vero che, secondo il marxismo, la sovrastruttura esercita un'influenza di rimando sulla base, anche la cultura e l'arte, essendo parte della sovrastruttura, influenzano la vita sociale e la mentalità delle persone. Qual è quindi la funzione sociale dell'arte? Secondo le parole dello scrittore russo Cerniscevski:

“L’arte, o per meglio dire la poesia (solo la poesia, in quanto le altre arti sotto questo rapporto fanno ben poco), diffonde nella massa dei lettori un’imponente quantità di conoscenze, nonché cosa ancora più importante — la cognizione di concetti elaborati dalla scienza; in ciò appunto consiste il grande significato della poesia per la vita.” (citato in Arte e vita sociale di G.V. Plekhanov)

Ben si comprende quale enorme importanza sociale abbiano, oggi più che un tempo, l'arte e la cultura. Esse possono essere utilizzate per inculcare nel proletariato la morale conservatrice o lo slancio rivoluzionario, per inculcare nei giovani una concezione dionisiaca della vita o una profonda coscienza politica. Esse possono diffondere idee metafisiche circa l'«eternità della proprietà privata» oppure una visione organica delle contraddizioni del capitalismo. Oggi, quando la musica leggera ha sostituito la poesia, quando il film ha sostituito il teatro, quando la produzione artistica ha un carattere centralizzato e di massa, tale importanza è ancora più evidente. Anche i capitalisti ne sono consapevoli e per questo si sono apprestati a creare la propria egemonia culturale; «... in quanto dominano come classe e determinano l'intero ambito di un'epoca storica, è evidente che essi lo fanno in tutta la loro estensione, e quindi fra l'altro dominano anche come pensanti, come produttori di idee che regolano la produzione e la distribuzione delle idee del loro tempo; è dunque evidente che le loro idee sono le idee dominanti dell'epoca» (K. Marx, L'ideologia tedesca).

Ovviamente i capitalisti non vogliono che questo loro dominio culturale sia troppo evidente, per cui lo mascherano con l'ideologia della «libertà artistica», facendo un tuttuno di possibilità e realtà. A questa ideologia reazionaria si accompagna la teoria dell'«arte per l'arte», che vede l'attività artistica come un fenomeno isolato, metafisicamente, astraendo dalla vita sociale. Tale visione è antiscientifica da cima a fondo, perchè negare il ruolo dell'arte e della cultura nella società significa negare che la conoscenza delle opere di Omero fosse un requisito imprescindibile per gli intellettuali greci ed ellenistici, negare che i film catastrofisti avessero e abbiano una grande influenza sulle opinioni degli occidentali e riforniscano di «argomenti» il clericalismo e l'oscurantismo (e le speculazioni ad essi collegate), negare che l'odierna musica leggera eserciti un'influenza assuefacente sui giovani. Ci troviamo quindi di fronte ad un'altra forma di falsa coscienza, di fronte ad un'altra ideologia. Il vero scopo di questa ideologia è il cammuffamento dell'influenza esercitata dalla cultura borghese sulla società, di un'influenza tesa a prolungare lo status quo.

Per sviluppare l'influenza della propria cultura sulla società nel modo più organico possibile e rafforzare il proprio dominio, il capitalismo non ha bisogno di un'arte qualsiasi, ma di una tendenza precisa dell'arte: il formalismo. Che cos'è il formalismo? E' la tendenza alla «ricerca della bella forma priva di contenuto» (A. Zdanov, Rapporto sulle riviste Zviezdà e Leningrad). I borghesi hanno proprio bisogno di un simile tipo di arte: di un'arte che ignori i temi sociali scottanti e che ipnotizzi le masse con la bellezza della sua forma. In questo modo i borghesi possono distrarre il popolo dalla lotta di classe in favore dello sterile godimento di quelle forme artistiche e culturali che diventano, in questo modo, un nuovo oppio del popolo, come era un tempo (ed è ancora oggi) la religione. Le basi sociali dello sviluppo del formalismo sono da ricercare nella natura stessa del sistema capitalistico, che impone una concorrenza spietata nel campo dell'offerta, anche di quella culturale e artistica.

“Nel nevrastenico ventesimo secolo assistiamo ad un fenomeno straordinariamente originale. Fin dall'inizio del secolo le correnti artistiche si sono avvicendate con estrema rapidità. Quasi ogni anno avevamo una nuova scuola. I giovani, nell'ansia di scoprire nuove sponde », trascuravano molto spesso ciò che si chiama maestria. [...] Non c'è quasi nessuno che lavori sul serio, che riesca a spuntarla con l'aspetto mestieristico dell'arte, che acquisti la perizia tradizionale. In tutte le epoche, quando l'arte era in manifesta decadenza, perdeva la tradizione e si trasformava in barbarie, gli artisti non dicevano: ora noi dipingiamo e scriviamo peggio della precedente generazione; essi hanno sempre supposto di introdurre nuovi gusti nella vita. Ma la perdita del mestiere è caratteristica di un'epoca di decadenza.
Gli artisti delle vecchie generazioni hanno ragione di affermare che i giovani vogliono farsi largo mostrandosi originali. Uno sbarbatello che ha ancora il latte alla bocca vuole già essere un maestro. Se tira fuori qualche trucco nuovo, magari affatto scombinato, ma che contiene lo schema di una teoria improvvisata in quattro e quattr'otto o qualche combinazione di parole che dovrebbe servire da chiave alle sue scoperte, egli trova sempre due o tre altri giovanotti più stupidi di lui, incapaci perfino di combinare quel poco di originale che lui ha « scoperto »; e sono proprio loro a correre verso il nuovo giovane « maestro », ancor privo di discepoli, davanti al quale recitare con esito certo la commedia dell'originalità. Cosí nasce una « modernissima scuola ».” (A. Lunaciarskij, L'arte)

Tale era la situazione all'inizio del '900. Tali sono gli effetti del capitalismo sull'attività artistica e le basi sociali del formalismo. Oggi, quando i mezzi di comunicazione moderni diffondono la produzione artistica (in particolare la musica) in ogni dove, la situazione è piuttosto simile, e ciò è testimoniato dal frenetico conformismo a certe «mode» e ai certi «stili di vita», diffuso soprattutto tra i giovani. Così stando le cose, si può constatare come le «scomuniche» di Andrej Zdanov contro i formalisti sovietici non erano immotivate. Anzi, Zdanov aveva previsto le estreme conseguenze del formalismo che sono oggi sotto gli occhi di tutti con grande lungimiranza. I falsificatori del marxismo hanno creato un leggenda secondo cui il formalismo sarebbe un'invenzione dello «stalinismo» per rafforzare il suo «totalitarismo» e i marxisti precedenti non lo avrebbero criticato. Tali opinioni sono facilmente confutabili mediante le opere di Plekhanov e Lunaciarskij, che contengono dure critiche al formalismo, come la seguente:

“Un individuo che ritiene che una combinazione di colori e di linee abbia un valore a se stante, lo dobbiamo considerare o un giovincello, che non ha niente da versare nemmeno nella botte più nuova, o un mezzo cadavere deambulante, infatuato delle forme, perché è sopravvissuto alla perdita del proprio contenuto interiore. Aveva perfettamente ragione Cechov nel dire che l'arte contemporanea ha perduto «Iddio», che non sa cosa insegnare, che non ama niente, che è senza idee e che in queste condizioni nemmeno il più valente maestro può essere artista.

Chi non sa pensare attraverso le immagini, chi non è capace di riversare negli stampi delle immagini il metallo fuso della esperienza e delle sensazioni è tutto fuorché un artista. Non può essere altro che un «maestro», nel senso che è capace di attuare determinate combinazioni che forse potranno in parte servire ad altri artisti, quelli veri.

Questa voluta mancanza di contenuto, questa teoria di una «libera» associazione di linee, suoni o parole senza un contenuto interiore (a furia di rimbalzi si è arrivati a scacciare la letteratura... dalla letteratura), sono appunto quei tratti del futurismo che lo fanno considerare dalla gente autenticamente nuova un vecchiume, un raffinatissimo dessert, servito dopo il pranzo borghese, un frutto della vuota cultura borghese, pronta a servire lingue d'usignolo, perché ormai tutto il resto sembra insipido e banale.” (A. Lunaciarskij, L'arte)

Anche Lenin, come testimoniato dal libro di Lunaciarskij Lenin e l'arte, aveva punti di vista simili.

Con il formalismo, per la sua stessa natura, effetti e origine, non si può applicare il principio dell'identità degli aspetti della contraddizione, non si può cioè impiegarlo nell'arsenale della cultura proletaria. Come gioverebbe al proletariato un'arte che distrae le masse dai problemi concreti? Su quali basi sorgerebbe una simile arte in assenza delle leggi economiche del capitalismo? E' chiaro che il formalismo è dunque incompatibile con la cultura proletaria.

Il quesito che quindi si pone è: qual è la corrente artistica più adatta alla cultura proletaria? Quali argomenti rappresentabili nell'arte son utili al movimento comunista?

“La via del realismo è la via della protesta reale. La borghesia ha mostrato simpatia nei suoi confronti solo fino a quando essa stessa non ha perduto la patina rivoluzionaria. [...] L'ulteriore smascheramento satirico dell'ordinamento borghese comincia ad infastidire la borghesia e, forse, anche i suoi avversari, i quali scrivono che in questa direzione l'essenziale è già stato fatto. [...] L'artista proletario rappresenterà anche il modo di vita operaio, ma non sarà la miseria ad attrarre in primo luogo la sua attenzione, bensì l'aspetto combattivo della vita proletaria. La rappresentazione della lotta, degli sforzi titanici, dello slancio e della tenacia, dello spirito innovatore che sorride ora indignato ora raggiante, costituirà gran parte dei motivi da elaborare. [...] Quali sono i principali elementi dello stato d'animo sociale dei socialisti? In primo luogo, essi odiano l'ordinamento sociale che ha fatto il suo tempo. Perciò l'elemento sferzante, satirico sarà presente anche nell'arte proletaria. In secondo luogo, essi lottano per un mondo nuovo. Perciò la lotta, come ho già detto, avrà un posto centrale tra i temi del nuovo artista. In terzo luogo, essi prevedono, seppur nello « specchio magico », soltanto questo mondo nuovo, migliore. [...] Illuminare tutti gli aspetti della vita odierna con la luce della critica spietata, però non con la critica del rinnegato preso dalla disperazione, bensì con quella del nemico cosciente del vecchio mondo che lotta per il nuovo, prediletto; dare una chiara immagine della lotta proletaria ed anche della lotta dei predecessori del proletariato, e, in generale, mostrare la psicologia della lotta, della distruzione e della creazione in tutta la loro inesauribile molteplicità; ciò facendo, porre in luce come nuovo elemento, la stupenda socialità, la nuova fratellanza alla quale siamo, sì, educati dalla fredda macchina senza anima, ma che è, tuttavia, calda e colma di grazia spirituale; porre in luce la ferrea integrità della nuova anima — l'anima del combattente — il suo coraggio senza limite, la sua fondamentale gaiezza, la serenità... e le tante altre cose gentili, commoventi e altamente tragiche che vi sono in quest'anima; dipingere grandi e piccoli quadri del futuro agognato, i profili dei nipoti « raddrizzati », le immagini della saggia gioia di vivere, delle nuove ansie, dell'amore perduto... (Ma è forse possibile elencare solo la milionesima parte dei temi del futuro?); e, cosa essenziale, dare una lieta pregustazione di quella vasta, intima, universale fratellanza verso la quale il proletariato conduce il mondo attraverso il socialismo. Ecco alcuni compiti dell'arte socialista, di cui attenderemo e osserveremo con trepidazione i primi passi.” (A. Lunaciarskij, I compiti dell'arte socialdemocratica)

In queste frasi di Lunaciarskij, tratte da un articolo del 1907, sono efficaciemente sintetizzati i temi dell'arte proletaria. Quest'arte deve essere realistica, in quanto uno dei suoi compiti fondamentali è l'educazione politica della società, che deve riguardare problemi concreti e attuali. Quest'arte deve mettere in luce, anche satiricamente, le contraddizioni del capitalismo, per instillare nella società la convinzione che il capitalismo appartiene al passato e che nel comunismo risiede il futuro dell'umanità. Quest'arte deve esaltare la lotta di classe del proletariato e delle classi rivoluzionarie, per infondere loro fiducia in se stessi, per portare le loro lotte a conoscenza di sempre più vasti settori dell'opinione pubblica. Quest'arte deve indicare ai rivoluzionari la via del futuro, la via del socialismo e del comunismo. Questi temi non sono casuali, poichè, a differenza degli elementi indottrinati dalla metafisica borghese (e non anche dei teorici borghesi, perchè questi sanno bene che la concezione metafisica della cultura è sbagliata, ma la sostengono perchè giova ai loro interessi di classe), i comunisti sono pienamente consapevoli del grande ruolo sociale dell'arte e della cultura. Per essi l'arte ha una grande funzione educativa e pedagogica, è parte dell'attività generale della lotta di classe e del fronte ideologico. Proprio per questo Stalin definì gli scrittori come «gli ingegneri delle anime umane». Nel suo discorso d'apertura al I Congresso degli Scrittori sovietici, nel 1934, Andrej Zdanov approfondì questo concetto:

«Il compagno Stalin ha chiamato i nostri scrittori gli “ingegneri delle anime”. Cosa significa ciò? Che obbligo vi impone questo titolo?
Ciò vuol dire, da subito, conoscere la vita del popolo per poterla rappresentare verosimilmente nelle opere d’arte, rappresentarla niente affatto in modo scolastico, morto, non semplicemente come la “realtà oggettiva”, ma rappresentare la realtà nel suo sviluppo rivoluzionario. E qui la verità e il carattere storico concreto della rappresentazione artistica devono unirsi al compito di trasformazione ideologica e di educazione dei lavoratori nello spirito del socialismo. Questo metodo della letteratura e della critica è quello che noi chiamiamo il metodo del realismo socialista.» (Sulla letteratura)

In questa formula è racchiusa l'essenza del realismo socialista. Mai una corrente artistica fu così denigrata dagli ideologi del capitalismo quanto il realismo socialista. Non è un fatto casuale. I capitalisti temono un'arte che possa mettere in evidenza il logoramento del loro sistema, temono una cultura che possa realmente avvicinare le masse alle questioni politiche. Per lo stesso motivo hanno costruito, nei cieli della sovrastruttura, tutta la schiera delle loro ideologie: la «libertà artistica», «l'arte per l'arte» e altri simili ritrovati della più sorpassata filosofia idealistica. Dall'alto del loro Olimpo ideologico e reazionario, ci accusano di «oscurantismo». Possiamo rispondere con le parole di Roderigo di Castiglia (pseudonimo di Palmiro Togliatti): “Sono di Zdanov alcuni discorsi e scritti di critica letteraria e artistica, dove si sostiene, per dirla con due parole, che l’arte dev'essere specchio dalla realtà sociale. Perché proprio questa posizione dev'essere «oscurantista» e non la posizione opposta, per esempio? E' partendo dalla posizione opposta, se non altro, cha vengono esaltate come grandi opere d’arte, opere dove proprio tutto è oscuro, perchè la comune degli uomini non ci capisce nulla.” (“Vittorini se n’è ghiuto, E soli ci ha lasciato!…, Rinascita, agosto-settembre 1951, n. 8-9)

I borghesi si scandalizzano facilmente per la «violenza oratoria» di Zdanov e dei suoi sostenitori. Si può rispondere loro con le parole di Emilio Sereni:

Non è il tono dei nostri cortesi critici da salotto, che Andrei Zdanov usava nella sua lotta contro i residui della vecchia cultura, ma quello stesso tono che egli usava contro i kulak, al tempo della lotta per la collettivizzazione; contro gli hitleriani e contro i loro agenti, contro gli imperialisti americani e contro i traditori del socialismo. Perchè per Andrei Zdanov, per i popoli sovietici, per i lavoratori del mondo intiero, la cultura non è qualcosa di separato dalla vita e dalla lotta, è qualcosa che importa per la vita e per la lotta, come la costruzione e la difesa delle fabbriche, dei colcos, del socialismo.” (Prefazione a Politica e ideologia)

Questo è quanto. Loro vogliono che la cultura sia separata dalla vita sociale e che diventi un'attività ludica, di sterile godimento, un altro oppio dei popoli. Noi vogliamo che la cultura sia parte integrante della lotta di classe e che aiuti il popolo a liberarsi dallo sfruttamento e dall'alienazione. Chi avrà ragione? Ai posteri l'«arduo» giudizio! Ma ogni vero marxista cosciente sa già in anticipo a chi darà ragione la storia!

Si addice forse a noi, rappresentanti della cultura sovietica progressiva, patrioti sovietici, la parte di chi si inchina alla cultura borghese o la parte di suoi discepoli? Al contrario, la nostra letteratura, che riflette una struttura più elevata di qualsiasi struttura democratico-borghese, una cultura molte volte più alta della cultura borghese, ha il diritto di insegnare agli altri la nuova morale umana universale.” (Andrei Zdanov, Rapporto sulle riviste Zviezdà e Leningrad)

-----
Klim Voroshilov
 
Web  Top
0 replies since 2/1/2012, 14:43   4,017 views
  Share