Antagonismi di classe nell'Antica Roma.

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Leonid Brezhnev
view post Posted on 30/10/2011, 19:42




Antagonismi di classe nell'Antica Roma



Il Materialismo Storico suddivide le varie tipologie di società susseguitesi nel corso della storia, a seconda dei loro Rapporti di Produzione vigenti, in cinque differenti forme di organizzazione, ovvero la Società Schiavistica; la Società Feudale; la Società Capitalistica, attualmente in corso; la Società Socialista ed infine la Società Comunista.

In particolare, durante la Società Schiavistica, contrassegnata da rapporti sociali umani che permasero sino al raggiungimento della società capitalistica, contrassegnata dai rapporti di scambio basati sul denaro e privi di qualsivoglia rilevanza esercitata dall'identità individuale bensì dalla capacità personale di ricavare profitto (a tal proposito occorre prendere in considerazione il concetto di Alienazione del Prodotto e dell'attività lavorativa produttiva dal Produttore stesso), avvenne un fatto curiosamente estraneo allo stadio evolutivo dell'epoca, tradizionalmente attribuito alla fase primordiale della società capitalistica, ovvero la nascita di una sorta di Borghesia il quale potere economico diviene entro breve contrapposto a quello politico detenuto dalla Classe Aristocratica, in concomitanza con la nascita di un'entità definibile Proletariato, ad un certo punto organizzatosi persino politicamente.

In apparenza, un simile ordinamento sociale si attribuirebbe al periodo di tempo compreso fra la seconda metà del XVIII Secolo sino alla conclusione della Rivoluzione Industriale, seguita dall'effettiva affermazione della Borghesia quale classe dominante. Tuttavia, esso comparve anche presso l'Antica Roma, rivelandosi l'anticipazione di contesti sociali appartenenti a Rapporti di Produzione successivi. Lo sviluppo progressivo di tale ordinamento, in particolar modo, risale al periodo successivo alle Guerre Puniche, contrassegnato dall'acquisizione di una notevole quantità di territori e dall'inadeguatezza dell'apparato statale repubblicano alla luce del nuovo ordine sociale in procinto di costituirsi. I territori acquisiti mediante le conquiste territoriali divennero possedimenti del Ceto Equestre, originariamente composto da coloro che erano in grado di procurarsi l'equipaggiamento da cavaliere organizzatisi progressivamente come classe sociale. La gestione dei suddetti possedimenti territoriali fu caratterizzata prevalentemente da un impiego massiccio di schiavi al fine di agevolare la produzione, creando una forma primordiale di produzione su larga scala, tipica dell'organizzazione capitalistica della produzione. Per questo motivo il Ceto Equestre è equiparabile alla Borghesia odierna. Esso, inoltre, trasse beneficio dai recenti conflitti contro la potenza cartaginese sottraendo al Ceto Senatorio, ovvero la Classe Aristocratica, il monopolio del commercio marittimo. Tali eventi, sommati all'approvazione di una legge, denominata Lex Claudia, che impediva al Patriziato di armare le proprie navi da carico, favorirono l'acquisizione da parte del Ceto Equestre di una rilevanza economica (e conseguentemente anche politica) in concomitanza con una marginalizzazione del potere aristocratico-senatorio sempre più marcata.

Contemporaneamente, l'estensione del dominio degli Equites sulle nuove acquisizioni territoriali, impedendo l'eguale distribuzione di grano, comportò la diffusione della disoccupazione fra la Plebe, quest'ultima divenuta il Proletariato Urbano. In un contesto simile si distinsero i fratelli Tiberio Sempronio Gracco e Caio Gracco, i quali, coadiuvati dal senatore Appio Claudio Pulcro, tentarono di porre rimedio alle precarie condizioni dei ceti maggiormente poveri della popolazione. In particolare Tiberio, eletto tribuno della plebe nel 133 a.C. varò una riforma volta ad una distribuzione maggiormente equa dell’Ager Publicus, ovvero il demanio pubblico, strenuamente osteggiata dal Ceto Equestre e dal Senato, il quale, nel medesimo anno, sobillò un’insurrezione popolare durante la quale Tiberio e oltre trecento dei suoi sostenitori persero la vita. Nel 123 a.C. venne eletto tribuno della plebe il fratello di Tiberio, Caio Gracco, intenzionato a riaffermare la validità della Lex Semproniae proponendo di estenderla anche alle popolazioni italiche alleate di Roma, conferendo loro la cittadinanza. La reazione dei ceti dominanti si rivelò nuovamente drastica. Il tribuno corrotto Livio Druso, infatti, diffuse demagogicamente fra la plebe romana la convinzione secondo la quale l’estensione della cittadinanza e della possibilità di beneficiare dei diritti garantiti dalla legge agraria avrebbe comportato una diminuzione dei diritti per la plebe stessa, provocando un’ulteriore sommossa popolare nella quale persero la vita Caio Gracco e tremila dei suoi sostenitori. Alla luce degli esiti negativi dei tentativi riformatori dei Gracchi, è possibile constatare che il principale errore commesso da quest’ultimi consistette nell’incapacità di prevedere le reazioni delle classi dominanti svantaggiate e nella trascuranza della natura repressiva dell’apparato statale, all’interno del quale essi pretesero di varare le riforme.

A partire dalla fine del II Secolo a.C., il conflitto sociale fra Plebe e classi dominanti si tramutò nel confronto politico fra Populares, rappresentati da Caio Mario e, in seguito, da Giulio Cesare; ed Optimates, rappresentati da Silla e in seguito da Gneo Pompeo. Tale periodo fu contrassegnato da varie guerre civili ed intrighi politici culminati con l’uccisione di Gneo Pompeo e l’ottenimento del consolato da parte di Giulio Cesare, avvenuto nel 58 a.C. Nonostante la finalità palesemente opportunistica dell’appartenenza di Giulio Cesare alla fazione popolare, occorre tuttavia considerare che il suo consolato fu contrassegnato da vari interventi a favore della plebe, seppur non indirizzati ad un mutamento istituzionale di carattere rivoluzionario.

Tutt’altra parvenza assunse invece il consolato del figlio di Cesare, Ottaviano Augusto, il quale, a differenza del padre, che incentrò la risoluzione della questione sociale nella realizzazione di riforme concrete, attuò una politica demagogica e populista intraprendendo l’iniziativa di distogliere l’attenzione della Plebe dalle problematiche reali mediante il considerevole finanziamento di eventi d’intrattenimento, celebrazioni religiose e opere letterarie propagandistiche ed elogiative nei confronti della figura del Principe e della sua famiglia.

In conclusione, ritengo che sia possibile notare una notevole quantità di analogie con le caratteristiche degli antagonismi di classe odierni, le quali dovrebbero indurre a riflettere maggiormente in merito alla validità delle tesi del Materialismo Storico, recentemente trascurato da una considerevole parte del movimento comunista, con particolare riferimento alle deviazioni revisioniste.


Leonid Brezhnev.
 
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